Metaverso e interfacce: come ci muoveremo e interagiremo all’interno dei mondi virtuali?

Possiamo considerare lo sviluppo del metaverso come una sorta di corsa all’oro: ora che il concetto di mondo virtuale dove spendere ore per lavorare e svagarsi è stato sdoganato e numerose aziende da ogni parte del mondo stanno lavorando a soluzioni di ogni tipo: software, piattaforme, visori per la realtà virtuale e aumentata. Ma anche interfacce, che sono uno degli aspetti chiave: inutile avere la migliore tecnologia sul mercato se poi il suo utilizzo è complicato, poco intuitivo, innaturale. Nei videogiochi il problema è sempre stato relativo e ci si è affidati ai classici sistemi di controllo fino a oggi, come la combinazione mouse e tastiera o un classico joypad come quelli della PlayStation e di Xbox. Questi funzionano alla grande per chi è cresciuto con la passione per i videogiochi ma sono poco efficaci per esperienze immersive differenti, come nel caso della collaborazione con altri colleghi connessi da remoto.

 

 

La parola d’ordine è semplicità

Il metaverso è oggi un’esperienza a tratti affascinante ma, soprattutto per quei mondi che vanno vissuti tramite visori di realtà virtuale (che è come Meta – e non solo – lo immagina) ma i controller e le interfacce devono fare un salto avanti se si vuole aprirsi al grande pubblico. I controller forniti insieme a Oculus Quest e HTC Vive infatti, pur molto comodi per chi è abituato ai videogiochi, non sono sempre il massimo quando ci si trova a dover collaborare a livello professionale. Sebbene siano molto precisi e rappresentino un enorme passo avanti rispetto a mouse e tastiera (l’interfaccia standard di Second Life, che possiamo definire come il primo esperimento di metaverso), infatti, non pur prestandosi alla manipolazione di oggetti nello spazio virtuale, non è il grado ancora di conferire la sensazione di muovere ad esempio le proprie dita.

Non solo: anche le interfacce a schermo sono poco efficaci e la tendenza sarà probabilmente quella di farne a meno. L’interfaccia ideale, del resto, è quella che non c’è: se il sistema fosse in grado di capire le nostre intenzioni, oltre che i comandi vocali, e comprendere dove focalizziamo lo sguardo, non ci sarebbe bisogno di ulteriori strumenti.

Cosa abbiamo a disposizione oggi

Numerose aziende stanno lavorando su controller in grado di emulare le mani e una delle tecnologie più interessanti a tal proposito è quella dell’Index controller di Valve. Apparentemente sembrano dispositivi molto simili a quelli in dotazione con Oculus o HTC Vive, ma non bisogna farsi ingannare dalle apparenze. Questi gadget sono infatti dotati di 87 sensori (ottici, capacitivi, di forza e di movimento) che tracciano la posizione delle mani, delle singole dita e le pressioni dei tasti. Tutti gli input acquisiti dai sensori vengono poi elaborati per comprendere le intenzioni del giocatore e replicarle nel metaverso. Il risultato è che per lasciare cadere un oggetto per terra basta aprire la mano, così come per lanciarlo è sufficiente fare il gesto come se avessimo fra le mani qualcosa, dosando anche la forza di conseguenza. Vogliamo giocare alla morra cinese? Niente di più facile: basta fare come faremmo nella realtà, con gli amici.

 

 

A oggi questo è sicuramente il sistema di input più efficace per la VR, nonché il più accessibile dal punto di vista economico. Una valida alternativa arriva dai guanti VRfree della svizzera Sensoryx AG, compatibili con i principali visori VR. Anche questi offrono il tracciamento delle dita ma la precisione è limitata rispetto ai modelli di Valve a causa di un numero molto inferiore di sensori. C’è anche da dire che Sensoryx AG offre differenti versioni, inclusa VRFree Haptic Glove, che offre un feedback tattile: praticamente, sentiremo “fisicamente” gli oggetti che andremo a impugnare.

VRfree Sole, invece, è una speciale soletta per simulare il movimento: rileva la pressione dei piedi ed è in grado di capire se l’utente si trova seduto, in piedi, se sta camminando o salendo delle scale. Non si tratta però di uno strumento pensato per esplorare mondi, quanto per effettuare studi clinici.

I giocatori che desiderano potersi muovere in maniera più intuitiva nei mondi virtuali possono invece sperimentare con le Cybershoes, una sorta di scarpa dotata di sensori e rotelle. Tranquilli: non rischierete di prendere una testata contro il muro o di ruzzolare rovinosamente dalle scale. Non sono infatti pensati per muoversi realmente all’interno degli ambienti, ma per simulare gli spostamenti stando comodamente seduti, facendo semplicemente muovere le rotelle, così da simulare anche la velocità della camminata.

Chi ha nostalgia degli anni 90 e dei primi esperimenti sulla VR potrebbe rimanere affascinato dalle pedane per la VR, come quella sviluppata da Ping-S: dei particolari “girelli” ai quali vengono assicurati i giocatori che possono quindi muoversi rimanendo sul posto, anche spingendosi a correre senza alcun pericolo di scontrarsi con pareti o suppellettili. Sono però soluzioni molto costose e non particolarmente precise, destinate alle sale giochi, dove l’effetto WOW può fare la differenza. Nell’uso di tutti i giorni, hanno poco senso, sia per gli appassionati di videogiochi, sia per il business.

 

 

L’interfaccia del futuro è quella che non c’è

Il problema di molte delle attuali interfacce ce lo portiamo dietro da ormai più di 20 anni ed è il tentativo di copiare il più possibile la realtà. Non è detto che questo sia l’approccio ideale, però, e la ricerca si sta infatti concentrando su altri ambiti. In particolare, sono due le aziende più avanti nello sviluppo di soluzioni per rendere l’interazione più semplice e naturale nel metaverso. Una di queste è, ovviamente, Meta: il colosso guidato da Zuckerberg ha fatto un all-in sul metaverso e non stupisce che non si voglia limitare a offrire il visore e la piattaforma software. La multinazionale ha infatti da tempo registrato brevetti per l’eye tracking, il tracciamento degli occhi, un lavoro inizialmente svolto per cercare di acquisire ancora più dati sul comportamento degli utenti nel tentativo di erogare in maniera più efficace le pubblicità. Col tempo, però, il focus si è spostato sul metaverso e oggi Zuckerberg vuole integrare il tracciamento facciale e dell’occhio nelle prossime versioni di Oculus. Tracciando il viso, sarà possibile passare da avatar che assomigliano a tanti LEGO o Playmobil a causa del sorrisetto perennemente stampato sul volto ed alter ego digitali molto più espressivi, facilitando così la comunicazione. E, perché no, sfruttando il tracciamento dell’occhio anche per impartire comandi, come per esempio ruotare lo sguardo.

Elon Musk, invece, guarda ancora più avanti e già da tempo sta sperimentando delle interfacce neurali sulle scimmie. Perché dover indossare guanti, tute, strane scarpe o usare anti-intuitivi controller quando possiamo fare tutto con la mente? L’eclettico imprenditore che ha fondato PayPal, Tesla e Space X è infatti al lavoro da qualche anno su Neuralink, un’interfaccia da impiantare nel cervello. No, non ha niente a che vedere con i jack che i cyberspace cowboy si infilavano nel cranio per entrare nel cyberspazio nei racconti di William Gibson. Non servirà a “trasferirci” nella matrice, ma a controllare interfacce: muovere puntatore, attivare comandi. Fondamentalmente un joystick da controllare con la mente, almeno inizialmente. Secondo Musk in futuro questa tecnologia potrebbe risolvere il problema dell’autismo e della schizofrenia e addirittura tornare a fare camminare persone paralizzate, ma non ha portato alcuna prova a sostegno. Funziona bene? Difficile dirlo, dato che al momento è stato sperimentato solo su delle scimmie, facendole giocare a Pong con la sola mente. Musk aveva stimato di poter effettuare i primi test su soggetti umani già nel 2020, data poi spostata al 2021 e, infine, al 2022. Vedremo presto questi test? Non è scontato: il co-fondatore e presidente di Neuralink, Max Hodak, ha lasciato l’azienda nel 2021, insieme ad altri 7 elementi chiave. 

E se fosse lo schermo l’interfaccia ideale per il metaverso?

Abbiamo fatto una panoramica sulle varie possibilità, presenti e future, per l’interfaccia per il metaverso. Tolta la visione di Musk, estremamente futuristica, gli altri esempi citati partono dal presupposto che accederemo al metaverso usando visori VR, che è la visione di Zuckerberg. Per quanto affascinante, non è detto che sia la via che prenderà la tecnologia. Questo non significa che dimenticheremo presto i visori, anzi, ma che probabilmente non saranno l’unica tecnologia. È anzi probabile che ancora per qualche tempo non sarà possibile sposare completamente questo approccio e di conseguenza il metaverso dovrà essere accessibile anche con i tradizionali schermi del PC, e soprattutto dai telefonini, utilizzando le tradizionali interfacce alle quali siamo abituati da decenni: è l’interfaccia più comune, più semplice da usare e tutti ne sono già in possesso.