Ne hanno fatta di strada i visori VR per la realtà virtuale, soprattutto nell’ultimo lustro, quando si è passati da quei prototipi che hanno fatto sognare le persone, pur con i loro non indifferenti limiti, a prodotti realmente utilizzabili e non più dedicati solo a una nicchia di appassionati che – per molti versi – hanno fatto da pionieri.

 

Visori VR: riassunto delle precedenti puntate

A ben vedere, i primi visori per la realtà virtuale sono stati messi sul mercato già a metà degli anni 90, quando c’è stato il primo, grande boom della tecnologia VR. Un periodo in cui negli uffici e nelle case si usavano ancora schermi a tubo catodico, ben prima della rivoluzione degli LCD e nel quale le potenze di calcolo erano infinitamente inferiori.

Era, insomma, troppo presto, in quella fase che nel modello Hype Cycle viene definita Technology Trigger. Come prevede il modello, si è presto arrivati al Peak of Inflated expectations, e poco dopo l’interesse si è sgonfiato. Nel frattempo, mentre il grande pubblico guardava ad altro, la ricerca è andata avanti e i mondi virtuali passavano dall’aspetto pixelloso del primo Quake al quasi fotorealismo dei moderni game engine. Le interfacce sono passate in secondo piano e le persone hanno preferito concentrarsi sui contenuti accontentandosi del buon vecchio display bidimensionale.

A far rinascere l’interesse verso i visori è stato Palmer Luckey, giovanissimo americano che ha avuto un’intuizione tanto banale quanto geniale: perché non applicare due piccoli display LCD a degli occhiali, così da creare un elmetto per la VR ultra-economico? Da questa intuizione è nato un progetto Kickstarter – una piattaforma di crowdfunding indipendente – che ha attirato anche l’interesse di John Carmack, il geniale sviluppatore che ha dato vita a Doom e Quake. L’endorsement del famoso programmatore ha dato ulteriore spinta alla campagna di crowdfunding e, soprattutto, svegliato l’attenzione di Mark Zuckerberg che ha messo sul piatto 2 miliardi di dollari per comprarsi la neonata Oculus, la società di Palmer.

Pochi anni dopo sono stati lanciati sul mercato i primi esemplari di Oculus DK che, pur limitati da una risoluzione di 1280×800 e dai tanti limiti di un prodotto ancora immaturo, hanno rivoluzionato il settore. Tutti ne volevano uno, nonostante si trattasse a tutti gli effetti di un prototipo. Il lancio ufficiale della versione commerciale è avvenuto nel 2016 e oggi, 5 anni dopo, quel giocattolo che ha dato il via alla rivoluzione della VR, fa quasi tenerezza se confrontato con i modelli attualmente sul mercato. Che sono pochi e piuttosto costosi, ma anche molto migliori, sebbene ancora perfettibili.

 

Visori VR: cosa offre il mercato?

Come detto poco fa, guardando ai visori generalisti, più diffusi e focalizzati sul mercato B2C/Gaming, Oculus è la realtà che ha fatto rinascere l’interesse verso i visori per la VR e oggi è uno dei principali player del mercato, grazie anche al fatto che è sostenuta da Facebook, che sta investendo moltissimo su questa tecnologia, tanto che il suo fondatore Zuckerberg ha dichiarato che la sua azienda si trasformerà in una metaverse company.

Oculus Quest 2 è il dispositivo di ingresso nella VR: costa relativamente poco (si parte da 350 euro) e non necessita di un computer, ma può funzionare in autonomia. Supporta il tracking dei movimenti della testa e non richiede dei sensori esterni per rilevare la posizione dell’utente e la direzione dello sguardo. La risoluzione è di 1832×1920 per occhio e l’aspetto più intrigante è che è completamente wireless, permettendoci di rinunciare ai fastidiosi cavi. Attualmente, è l’unico visore della gamma Oculus acquistabile: anche Rift S, che si collega al PC, non è più in vendita.

Il principale concorrente di Oculus è VIVE, azienda che ha da subito puntato a un approccio più professionale, strizzando l’occhio non solo a giocatori, ma anche ad artisti, ricercatori, designer. Al contrario di Oculus, il listino VIVE è piuttosto ampio è include tre gamme di prodotto.

VIVE Focus 3 vanta schermi AMOLED da 3K di risoluzione e include tutto il necessario per funzionare: la potenza di calcolo arriva dal processore Qualcomm Snapdragon 835 integrato al suo interno, che si occupa di tutto e, anche di gestire i sensori di posizione.
È la soluzione più semplice da utilizzare in casa VIVE e non è destinata ai giocatori, ma alle imprese: i casi d’uso spaziano dalla collaborazione da remoto (un tema che è diventato molto caldo con gli stravolgimenti apportati dal Covid) alle simulazioni di ogni tipo, dalla riparazione macchinari alle esercitazioni antincendio.

Si tratta anche dell’unica soluzione di questo tipo completamente priva di cavi: ideale per chi ama muoversi liberamente. Non è un caso che sia una delle soluzioni più diffuse nei centri di intrattenimento che offrono anche esperienze ludiche in realtà virtuale.
È anche possibile acquistare un accessorio opzionale che cattura le espressioni del volto e può abilitare funzionalità come la sincronizzazione delle labbra col parlato, un dettaglio che può fare la differenza nelle applicazioni per la collaborazione remota, rendendo l’interazione fra i partecipanti (o, più correttamente, fra i loro avatar) più credibile.

I visori della gamma Cosmos, invece, richiedono un computer per funzionare, anche in virtù del loro basso costo e della modularità (possono essere espansi nel tempo, così da ridurre l’investimento iniziale): si parte da 549 dollari.

VIVE Pro, infine, rappresenta il top di gamma dell’azienda ed è uno dei kit più apprezzati sia dagli appassionati sia da chi ne fa un utilizzo professionale: merito di una risoluzione di 2880×1600, un angolo di visuale di ben 120° e un tracker estremamente preciso, che consente all’utente di muoversi liberamente anche all’interno di stanze molto ampie.

Un attore del mercato molto apprezzato soprattutto nel mercato consumer è Valve Index, il kit VR di Valve, lo sviluppatore di videogiochi che ha creato Half Life e il suo seguito per poi diventare il principale store di giochi digitali per PC e Mac con Steam. Considerato che le applicazioni che più trainano il settore della VR sono videogiochi, non stupisce che Valve si sia lanciata in questa avventura. Peccato che, al contrario dei prodotti Vive, questo visore non sia pensato per un utilizzo professionale, nonostante le ottime caratteristiche tecniche.

 

Per applicazioni più business oriented, il mercato offre ulteriori soluzioni tra cui il Pico Neo 3 Pro, Varjo, XTAL, Pimax e HP Reverb che approfondiremo in un prossimo post.

 

 

Visori realtà virtuale: cosa ci si aspetta nei prossimi 3 mesi?

Dopo aver visto cosa abbiamo a disposizione oggi, viene naturale chiedersi cosa riserva il futuro a breve termine. Entro la fine dell’anno, sarà finalmente disponibile HTC VIVE Pro 2, sistema di realtà virtuale pensato per i professionisti annunciato il 14 settembre. Il kit punta a essere il top di gamma e vanta una risoluzione di 2448 × 2448 pixel per occhio, un netto passo avanti rispetto alla precedente incarnazione, limitata a 2880 x 1600. Il FOV, l’angolo di visuale, è stato ampliato a 120° mentre la frequenza di aggiornamento è di 120 Hz, che garantiranno immagini ancora più fluide. Il display però non è più un AMOLED, ma un più classico LCD e di conseguenza la resa dei colori sarà meno “vibrante”.

Anche Facebook è pronta ad aggiornare la sua tecnologia e alcuni fortunati hanno già ottenuto in anteprima i prototipi di Oculus Quest 2 Pro, che dovrebbe venire lanciato sul mercato nel 2022. Purtroppo, non si hanno ancora informazioni certe sulle specifiche tecniche.

Partirà a brevissimo invece la campagna Kickstarter per LYNX, un’innovativa soluzione all-in-one per la Mixed Reality. Si tratta di un dispositivo in grado di gestire sia applicazioni di realtà virtuale sia aumentata, basato sul processore Qualcomm XR2 e compatibile con SteamVR. Monterà due schermi LCD con risoluzione di 1600×1600 e un refresh rate di 90 Hz e monterà due videocamere in bianco e nero per rilevare la posizione dell’utente. Altre due videocamere a infrarossi si occuperanno del rilevamento delle mani dell’utente. La connettività sarà infine basata sul nuovo standard Wi-Fi 6.

Si parla da tempo di un ingresso di Apple nel mondo della realtà virtuale o aumentata e in molti si aspettavano qualche informazione in più durante la presentazione dei nuovi prodotti che si è tenuta a settembre, ma anche stavolta Tim Cook ha preferito mantenere il riserbo su questo tipo di tecnologie.

 

Quale visore prendere?

Difficile stilare una classifica dei visori “migliori”: le caratteristiche tecniche sono infatti importanti, ma non è da meno l’ecosistema. Ecco quindi che a seconda dello scenario di utilizzo, può risultare più conveniente l’uno o l’altro.

Dal punto di vista degli utenti consumer, in particolare i giocatori casual, la scelta più adatta è Oculus Quest 2, che oltre a godere di un grande supporto è anche il più economico di tutti: costa solo 349 euro, meno di un monitor da giocatori di ottima qualità.

Gli elmetti della gamma Vive Cosmos si posizionano su un gradino superiore e possiamo considerarli come prodotto di ingresso nel mondo della VR Gaming per quelli che sono definiti hardcore gamer, cioè i giocatori più incalliti (al contrario dei casual gamer, che si troveranno più a loro agio con la soluzione di Oculus).

VIVE Pro 2 è una delle soluzioni più evolute, come anche dimostra il prezzo ( si parte da 999 euro per il solo visore, mentre il kit parte da 1.600 euro circa), ed è ideale anche per le applicazioni di business sia per la qualità tecnica (attualmente è l’unico con risoluzione 5K) sia per il supporto e la garanzia, tarati sulle esigenze dei professionisti e delle aziende.

VIVE Focus, infine, è il modello pensato specificatamente per l’utenza business, in settori come arte, design, ricerca, collaborazione e anche educazione. Il fatto che si tratti di una soluzione stand-alone, che non necessita di computer, stazione base o sensori, lo rende infatti molto facile sia da configurare in ambienti produttivi, sia da utilizzare. Praticamente, si tratta di un prodotto Plug & Play, perfetto per far entrare dipendenti e partner nel mondo della VR nascondendo tutte le complicazioni tecnologiche a chi lo usa.